Il tramonto della Luna di Ilaria Zof

O Selene, che appari tra la bruma,
tu, che rispecchi la tua luce bianca
su quest’abisso, dove si consuma,
la fragile mia vita, vuota e stanca,
svelami, del tuo cammino errabondo
e del tuo fulgore, i nascosti misteri;
narrami del tuo vagar per il mondo
per catturar speranze e desideri.
Raccontami perché, timida Luna
quando mi volto e mi guardo all’indietro,
ciò che m’appare, al di là della duna
è la fioca luce d’un sole di vetro;
e mentre muore l’eco della risacca
mi rivedo camminar sulla spiaggia,
lì, dove la terra l’acqua distacca,
dove la marea sbatte, selvaggia,
e lascia una scura cicatrice informe,
che in un attimo è rapita dal vento
e si mescola alle pesanti mie orme
sull’arena dai riflessi d’argento.
Scorgo nel cielo nuvole di fiele,
e in mare i bagliori della mia rabbia,
nel rivedere lui, labbra di miele,
coglier per me conchiglie sulla sabbia;
e l’anima mia è trafitta da gran pena,
nel ripensare ai nostri corpi uniti
mentre rotolavamo nella rena
gettando lontano i nostri vestiti.
E muoio dentro, mentre abbasso lo sguardo,
ebbra del chiarore di un’alba grigia,
allorché, delusa e impotente, guardo
i miei sogni infrangersi sulla battigia.

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